Audioguida della Villa medicea La Magia

ESTERNO

1. Il giardino all’italiana

Benvenuti nel complesso monumentale della Villa Medicea La Magia di Quarrata che fa parte del sito Patrimonio Mondiale “Ville e giardini medicei in Toscana”, riconosciuto dall’UNESCO nel 2013, di cui fanno parte 14 ville e giardini appartenuti alla famiglia Medici dislocati sul territorio della regione Toscana che rappresentano esempi eccellenti della villa aristocratica di campagna dedicata al tempo libero, alle arti e alla conoscenza.

Fiancheggiando la limonaia di ponente entrate nell’elegante giardino all’italiana, costruito dalla famiglia Attavanti nei primi anni del ‘700, dal quale si ammira il bellissimo panorama dei colli del Montalbano. Le aiuole, un tempo delimitate da cespugli di bosso, oggi ospitano una numerosa raccolta di specie di rose, intervallate dai limoni poggiati ancora sui basamenti originali settecenteschi. Al centro del giardino trovate l’elegante fontana realizzata tra il 1715 e il 1716, e dietro di essa un albero particolare. Si tratta di una Sophora Japonica che fu scelta per il suo andamento cadente, questo permetteva alle dame dell’ottocento di usarlo come un moderno spogliatoio quando volevano rinfrescarsi nella vasca. Il lato di levante del giardino si chiude con l’altra limonaia che ancora oggi conserva la sua funzione originale. Da notare nella parte più esterna delle due limonaie un’opera di Maurizio Nannucci che fa parte della collezione permanente di arte contemporanea della Villa Medicea La Magia. Si tratta di “Archetipo”, un’opera che individua lo spazio del giardino, sia per chi da dentro si affaccia sia per chi lo vede da fuori. Salendo poi l’elegante scala ottocentesca, ai lati della quale erano presenti in origine filari di alberi da frutto, passate in mezzo alle magnifiche magnolie e vi trovate di fronte alla facciata della villa.

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2. La storia della villa, dai Panciatichi agli Amati Cellesi

Alla vostra destra notate i tre busti di tritoni che ornavano la fontana del cortile interno. Sono tre sculture del 1711 di Paolo Monaccorti, che diventerà lo scultore di riferimento degli Attavanti. 

Le tre sculture furono sostituite dalla famiglia Amati con la statua di un pastorello tutt’oggi presente nella fontana interna. Il portone d’ingresso è stato aperto in seguito alla creazione del giardino all’italiana, ruotando di fatto la villa che fino a quel momento aveva l’ingresso e la facciata sul lato sud-est.

L’impianto architettonico è quello tipico rinascimentale, cioè una base quadrata che si svolge intorno ad un cortile interno. Il primo nucleo della villa, risalente al 1335 circa, fu edificato dalla famiglia Panciatichi che al tempo possedeva questi terreni, nata come una casa-torre per il controllo della viabilità e del territorio. La struttura venne poi ampliata e trasformata nella villa che ancora oggi mantiene la sua forma originale.
Nel 1584 i Panciatichi furono costretti a mettere all’asta l’intera proprietà. Fu così acquistata da Francesco I De’ Medici, al tempo Granduca, per completare il sistema delle ville medicee intorno al territorio del Barco Reale, suggestivo perimetro murario dentro il quale fu creata una esclusiva riserva di caccia. I Medici fecero costruire un laghetto artificiale, nella parte esterna del parco dove oggi si trova la fontana di Daniel Buren, oltre a rialzare la colombaia su progetto dell’architetto di Corte Bernardo Buontalenti.
Sotto la famiglia Medici è stato dato alla villa l’aspetto di Villa Medicea: intonaco bianco e pietra serena a incorniciare porte e finestre, questo per renderla immediatamente riconoscibile, mostrando così che il potere e la protezione dei Medici arrivavano fino a questi territori. Successivamente, nel 1645, la Villa divenne proprietà della famiglia Attavanti di Castelfiorentino. A loro sono dovuti i maggiori lavori di ristrutturazione interni, la creazione del giardino a parterre e il ciclo di affreschi presente all’interno. Tra il 1752 e il 1766 la proprietà passa ai Conti Ricasoli, che ampliano la limonaia di ponente raddoppiandone la cubatura.
Ai Conti Ricasoli subentra la famiglia Amati, che dopo circa un secolo, nel 1863, rimane senza eredi e cede la villa alla famiglia Cellesi con l’obbligo di aggiungere al cognome Amati anche Cellesi. La contessa Marcella Pagnani Amati Cellesi, ultima erede, ha vissuto nella villa fino al 2002. All’interno della Villa alcune stanze della Contessa sono state lasciate con i suoi oggetti personali, tra i quali spiccano i libri, le riviste di viaggio e i pianoforti. Con l’acquisizione della villa da parte del Comune inizia il lavoro di restauro dell’intera proprietà e si dà il via al progetto Genius Loci (Lo spirito del luogo) dove artisti contemporanei sono stati invitati a soggiornare nel complesso per poi poter realizzare delle opere permanenti pensate esclusivamente per La Magia.

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3. Le opere di Corneli e Nagasawa

Il giardino che si trova alle spalle della limonaia di levante ospita due opere di arte contemporanea.

Sulla parete è presente “Micat in vertice” (Splende in alto) del 2005 di Fabrizio Corneli. Una serie di elementi metallici fissati alla parete creano delle ombre che formano il titolo dell’opera e che sono visibili soltanto la sera quando vengono accese le luci del sottotetto.
Nel prato potete ammirare il “Giardino rovesciato” del 2008 di Hidetoshi Nagasawa, architetto e scultore giapponese. L’opera è composta da due muretti a forma di C contrapposte che creano una sorta di piccolo labirinto. L’artista giapponese ha omaggiato il territorio usando materiali tipici della zona, ovvero pietra Alberese e cotto dell’Impruneta. Lo spazio che si crea al centro ricorda la sagoma di una barca, elemento importantissimo nella biografia dell’artista. Lo stesso Nagasawa infatti ricorda di quando bambino viveva in una risaia e una barca era sempre legata sul soffitto di casa, pronta ad essere calata quando la risaia veniva allagata. Entrando dentro l’opera trovate un albero di melograno, scelto dallo stesso artista perché aveva la sua stessa età. Nagasawa è morto nel 2018 e in qualche modo questo albero continua a portare avanti la sua memoria.

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4. L’ingresso originale e il giardino all’inglese

Vi trovate di fronte a quello che era l’ingresso originale della villa dove i signori, salendo per il vialetto di fronte al portone, entravano in villa direttamente con la carrozza.

In alto potete notare una targa che ricorda un avvenimento storico molto importante: nel 1536 venne in visita l’imperatore Carlo V, che di ritorno dall’Africa si era fermato a Firenze per combinare il matrimonio tra la figlia Margherita D’Austria e Alessandro de’ Medici. Dopo una battuta di caccia nel Barco Reale, l’imperatore fu invitato in villa e, sceso da cavallo, chiese da bere, gli venne dato un secchio di rame dal quale l’imperatore bevve di sua mano, da quel momento il secchio prende il nome di “Secchia dell’imperatore” e viene collocata in una nicchia nel muro di una delle sale interne della villa. Alle vostre spalle trovate il giardino all’inglese, o giardino romantico, costruito nell’ottocento
dalla famiglia Amati. Qui troviamo la grotta per la raccolta dell’acqua piovana e una statua di Paolo Monaccorti che purtroppo ha perso i suoi attributi e non è più riconoscibile il soggetto, si pensa comunque che sia Diana, Dea della caccia, figura molto amata dalla famiglia Attavanti. Vicino c’è una curiosa presenza, si tratta di un’opera del 2007 di Marco Bagnoli dal titolo “Ascolta il flauto di canna” del 2007. È una canna in alluminio, originariamente rossa, che ha la particolarità di pescare l’acqua dal fondo, portarla in cima e farla colare lungo i bordi esterni della canna stessa. Come si nota, il processo favorisce la presenza di incrostazioni e muschi. Questo ciclo continuo di acqua che scorre sta trasformando il flauto fondendolo con la natura e facendogli perdere la sua essenza artificiale. Continuando a passeggiare nel giardino all’inglese trovate un prato rettangolare circondato da aiuole, da notare la sedia dell’arbitro: era un campo da Badminton, ancora oggi è chiamato campo da tennis. Al centro del campo da gioco ci sono altre due opere di arte contemporanea, si tratta di due Bruciaprofumi dei coniugi Anne e Patrick Poirier. I due artisti collocano nel 2006 queste due forme realizzate con cotto dell’Impruneta, quando furono installate furono riempite con fiori secchi e con le bucce dei limoni della villa, e una volta accesi hanno riempito l’aria di un profumo meraviglioso che richiamava alla memoria il luogo della villa anche a chi era distante. Poco sopra al campo da tennis potete vedere la cappellina in stile neogotico dedicata a Santa Verdiana. La santa, vissuta tra il 1182 e il 1242 apparteneva al casato degli Attavanti, quindi per la famiglia è una santa molto importante da venerare, tanto che in un primo momento la cappellina era interna alla villa, verrà smantellata all’inizio del Settecento per far spazio allo scalone monumentale che dall’ingresso della Villa porta al piano nobile. Costeggiate la cappellina lungo il sentiero sulla sinistra scendete verso la parte a bosco.

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5. Bagnoli, Poirier e Buren

Vicino al laghetto artificiale sono collocate altre due opere di arte contemporanea.

Si tratta della “Banda Rossa” di Marco Bagnoli installata nel 2007, un pontile colorato del tipico rosso scelto dall’artista, che porta al centro del laghetto come ad impossessarsi del luogo. Mentre sulle sponde del lago si trova “La fabbrica della memoria” di Anne e Patrick Poirier del 2006. Entrando dal piccolo ingresso triangolare trovate un tavolo su cui è inciso un grafico che stilizza la forma del cervello e che orienta alla lettura delle parole segnate sulle pareti, esse evocano significati negativi, mentre, voltando lo sguardo verso l’ingresso, scoprirete altre parole dal valore positivo. Risalite ora verso la villa e costeggiatela sul lato nord tornando verso il cancello d’ingresso, da qui potete scorgere nel parco esterno l’opera “Muri fontane a 3 colori per un esagono” creata appositamente per il luogo da Daniel Buren nel 2011. Quest’opera vi invita a sedervi sui bordi della piccola vasca esagonale che si trova al centro, da qui osservate il paesaggio circostante attraverso gli spazi lasciati aperti dalle sei pareti-fontane. Ponete attenzione a come vengono così incorniciati alcuni scorci di paesaggio, permettendovi di concentrarvi sui particolari senza disperdere lo sguardo su tutto il panorama.

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INTERNO

1. Cenni storici, gli affreschi dei fratelli Giusti e la collezione di filet

Il primo nucleo della villa, risalente al 1335 circa, fu edificato dalla famiglia Panciatichi come castrum, una casa-torre per il controllo della viabilità e del territorio. La struttura venne poi ampliata e trasformata nella villa che ancora oggi mantiene la sua forma esterna originaria.

Nel 1584 i Panciatichi si trovarono in ristrettezze finanziarie e furono costretti a mettere all’asta l’intera proprietà. Fu così acquistata dal Granduca Francesco I De’ Medici che ammodernò la villa, fece costruire un laghetto artificiale nella parte esterna del parco, e rialzare la colombaia su progetto dell’architetto di Corte Bernardo Buontalenti. Successivamente, nel 1645, la Villa divenne proprietà della famiglia Attavanti di Castelfiorentino. A questa famiglia sono dovuti i maggiori lavori di ristrutturazione interni, la creazione del giardino a parterre, nonché il ciclo di affreschi del piano nobile. Tra il 1752 e il 1766 la proprietà passa ai Conti Ricasoli, che ampliano la limonaia di ponente in pratica raddoppiandone la cubatura. Subentra poi la famiglia Amati, che nel 1863 rimane senza eredi e cede la proprietà alla famiglia Cellesi con l’obbligo di aggiungere al cognome Amati anche Cellesi.
L’ultima contessa, Marcella Pagnani Amati Cellesi, ha vissuto in villa fino al 2002. All’interno alcune stanze sono state lasciate così come erano, con gli oggetti personali della contessa, tra i quali spiccano i suoi libri, le sue riviste di viaggio e i suoi pianoforti. Con l’acquisizione della villa da parte del Comune inizia il lavoro di restauro dell’intera proprietà e prende forma la collezione permanente di arte contemporanea della Magia. Entrando nella prima sala, chiamata la sala del biliardo, incontrate il primo ciclo di affreschi.
Sono quattro capricci dei fratelli Jacopo e Felice Giusti che fra il 1694 e il 1696 sfondano le pareti con paesaggi inventati e realizzati con colori molto chiari e luminosi per dare aria alla stanza. Proseguendo nel corridoio è possibile vedere la collezione di manufatti dedicati al filet.
Alla fine dell’800 la contessa Gabriella Rasponi Spalletti apre la scuola di filet a Lucciano, una frazione di Quarrata. La contessa capisce l’importanza di insegnare un mestiere alle contadine e crea un laboratorio artigianale che è destinato a diventare, nel corso dei primi anni del Novecento, una vera e propria industria del manufatto, con esportazione dei prodotti in filet in tutto il mondo. Nelle sale seguenti potrete vedere alcuni strumenti di lavoro e ammirare gli abiti, le stole, i cappelli, realizzati con questa tecnica.Nel 1584 i Panciatichi si trovarono in ristrettezze finanziarie e furono costretti a mettere all’asta l’intera proprietà. Fu così acquistata dal Granduca Francesco I De’ Medici che ammodernò la villa, fece costruire un laghetto artificiale nella parte esterna del parco, e rialzare la colombaia su progetto dell’architetto di Corte Bernardo Buontalenti. Successivamente, nel 1645, la Villa divenne proprietà della famiglia Attavanti di Castelfiorentino. A questa famiglia sono dovuti i maggiori lavori di ristrutturazione interni, la creazione del giardino a parterre, nonché il ciclo di affreschi del piano nobile. Tra il 1752 e il 1766 la proprietà passa ai Conti Ricasoli, che ampliano la limonaia di ponente in pratica raddoppiandone la cubatura. Subentra poi la famiglia Amati, che nel 1863 rimane senza eredi e cede la proprietà alla famiglia Cellesi con l’obbligo di aggiungere al cognome Amati anche Cellesi.
L’ultima contessa, Marcella Pagnani Amati Cellesi, ha vissuto in villa fino al 2002. All’interno alcune stanze sono state lasciate così come erano, con gli oggetti personali della contessa, tra i quali spiccano i suoi libri, le sue riviste di viaggio e i suoi pianoforti. Con l’acquisizione della villa da parte del Comune inizia il lavoro di restauro dell’intera proprietà e prende forma la collezione permanente di arte contemporanea della Magia. Entrando nella prima sala, chiamata la sala del biliardo, incontrate il primo ciclo di affreschi.
Sono quattro capricci dei fratelli Jacopo e Felice Giusti che fra il 1694 e il 1696 sfondano le pareti con paesaggi inventati e realizzati con colori molto chiari e luminosi per dare aria alla stanza. Proseguendo nel corridoio è possibile vedere la collezione di manufatti dedicati al filet.
Alla fine dell’800 la contessa Gabriella Rasponi Spalletti apre la scuola di filet a Lucciano, una frazione di Quarrata. La contessa capisce l’importanza di insegnare un mestiere alle contadine e crea un laboratorio artigianale che è destinato a diventare, nel corso dei primi anni del Novecento, una vera e propria industria del manufatto, con esportazione dei prodotti in filet in tutto il mondo. Nelle sale seguenti potrete vedere alcuni strumenti di lavoro e ammirare gli abiti, le stole, i cappelli, realizzati con questa tecnica.

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2. Il cortile interno e l’opera di Nannucci

Vi trovate nel cortile interno, esattamente al centro della villa, qui spicca la fontana centrale con la statua del pastorello, è interessante notare come la fontana sia in linea con quella nel giardino all’italiana.

Le pareti sud e ovest presentano ancora archi a tutto sesto e colonne con capitelli ionici, due loggiati che davano maggior slancio a tutto il cortile e che sono stati tamponati per ricavare nuovi ambienti interni, quali l’archivio e la biblioteca.
Alzando lo sguardo incontrate l’opera del 2009 Anthology two di Maurizio Nannucci, si tratta di quattro scritte realizzate in vetro di Murano con luce al neon con le quali l’artista propone una riflessione sulla connessione tra colore, luce, suono e luogo, tra arte e realtà. Poste al limite più alto delle pareti, quasi a fare da confine tra lo spazio del cortile e lo spazio del cielo, vi trasportano in una nuova dimensione dello spazio stesso. Maurizio Nannucci, sempre nel 2009, realizzò per Quarrata “something Happened”, una grande installazione temporanea luminosa situata nella campagna di fronte alla Magia, la maestosa scritta voleva raccontare che nel passato qualcosa era successo ed aveva lasciato traccia: la bellezza del paesaggio. Varcando la porta sul lato sud entrate nel salottino della Contessa.

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3. Le stanze della Contessa

Questo è uno degli ambienti vissuti dalla Contessa Marcella Pagnani Amati Cellesi, fino ai primi anni 2000. Notate come tutto sia stato lasciato così com’era.

In questa piccola sala potete ammirare la collezione di stampe dello Zocchi del 1744. Sono rappresentate tutte le ville medicee ed alcuni luoghi mirabili della Toscana, in basso a destra, vicino alla porta che dà sul cortile, si trova raffigurata anche la nostra villa La Magia. Da notare la colombaia rialzata dal Buontalenti e il giardino all’italiana già completo ma senza le due limonaie. Sulla parete interna della sala c’è una nicchia che ospita un secchio di rame e una targa che ricorda la visita dell’imperatore Carlo V avvenuta nel 1536. Di ritorno dall’Africa, Carlo V si era fermato a Firenze e venne invitato ad una battuta di caccia nel Barco Reale, l’imperatore, arrivato in villa e sceso da cavallo, chiese da bere, gli venne dato quel secchio di rame dal quale l’imperatore bevve di sua mano, da quel momento il secchio prende il nome di “Secchia dell’imperatore”.
Oltrepassando la porta entrate nella sala del pianoforte. Questo è diventato l’ingresso principale in seguito all’apertura del portone che dà sul giardino di mezzogiorno. Qui spiccano i due ritratti di Ferdinando I De’ Medici e la moglie Cristina di Lorena che si guardano dai lati opposti della sala, i due ritratti sono copie dalle opere di Scipione Pulzone. Al centro della sala uno dei pianoforti della Contessa, mentre sulla parete si trova una copia di una delle lunette di Giusto Utens. L’artista tra il 1599 e il 1602 produce una serie di 17 lunette che rappresentavano tutte le ville medicee. Si nota bene come tutti i terreni circostanti fossero coltivati, la villa è ripresa dal lato sud-est poiché quello era l’ingresso principale. In alto sullo sfondo si riconosce il laghetto artificiale che oggi non esiste più. In primo piano scene di caccia al cervo e giovani che giocano a pallacorda nei pressi dell’ingresso.

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4. Lo scalone monumentale e i grandi affreschi del ricettino

Lo scalone monumentale è la prima delle opere di ristrutturazione interna degli Attavanti. Viene edificato questo elegante scalone che porta al piano nobile e che prende il posto della cappellina di Santa Verdiana.

Qui sono presenti le formelle in terracotta del Monaccorti, che rappresentano figure allegoriche, incorniciate dagli stucchi del Colomba. Sul soffitto, l’affresco realizzato da Giovanni Bagnoli agli inizi del ‘700. Qui sono rappresentati Giove, Giunone e Minerva che schiacciano Marte, da notare i due amorini in basso che stanno portando via le armi, è quindi un Marte disarmato che viene sconfitto dall’amore e dalla saggezza, virtù rappresentate dagli altri tre dei. Varcando la porta vi trovate nel ricettino, una sala d’aspetto dove gli ospiti attendevano di essere invitati nel salone di fianco. Qui troviamo altre formelle di Paolo Monaccorti, mentre lo stuccatore Giuseppe Colomba crea gli archi spezzati sopra gli stipiti delle porte dipinti in finto marmo. La parte pittorica è affidata a Giovanni Bagnoli per quanto riguarda il soffitto, realizzato nel 1710, e a Tommaso Gherardini che affrescò le pareti nel 1744 Sul soffitto una finta architettura barocca alza ancora di più la sala, al centro si apre un ovale dove potete ammirare il mito del Ratto di Europa. La principessa fenicia è immortalata nel momento in cui sale in groppa al toro bianco, ma questi si rivela essere Giove che correndo sul mare la rapisce e la porta a Creta.
Alle pareti, i due affreschi di Gherardini presentano due storie diverse ma speculari. Notate come la composizione stessa dei due affreschi sia speculare, sono cioè costruiti entrambi su un doppio triangolo. Sulla sinistra è l’amore tra Diana ed Endemione. I due si amano ma lei è una dea, e quindi immortale mentre Endemione è un mortale. Giove gli concede di vivere in eterno a patto che dorma per sempre, così Diana può solo scendere a fargli una carezza ogni sera, dopo che ha portato la luna in cielo.
Sulla parete opposta vedete Eos, l’aurora, che rapisce Cefalo. Eos, innamorata del giovane mortale si vede rifiutata perché lui è molto fedele alla moglie, decide così di sfidarlo dicendo che se lo avesse trasformato in un altro uomo e lui avesse corteggiato sua moglie questa lo avrebbe tradito. Cefalo è sicuro della fedeltà della moglie e accetta, ma la moglie cede alle lusinghe dello sconosciuto e quindi Cefalo si lascia rapire. Bellissima l’espressione contrita che Gherardini dà al giovane mentre viene caricato sul carro di Eos.

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5. Il salone di rappresentanza e gli affreschi di Giovanni Domenico Ferretti

Vi trovate nel salone di rappresentanza, un ambiente ricavato con la ristrutturazione eseguita dagli Attavanti. Qui sono da notare le ricche decorazioni a stucco con putti che cavalcano l’aquila della vittoria e lo stemma degli Attavanti e Ricasoli.

In alto notate i busti di imperatori romani scolpiti da Paolo Monaccorti. La parte pittorica è affidata ai tre artisti Giuseppe Moriani, Pietro Santi Bambocci e Giovanni Domenico Ferretti, i primi due eseguono gli affreschi più piccoli, mentre Ferretti firma il soffitto e i due grandi affreschi laterali. Le opere di Bambocci e Moriani rappresentano due madri con i loro figli; da una parte Venere e Eros presi in un momento di intimità tra madre e figlio, dall’altra si riconosce Diana bambina con il fratello gemello Apollo e la madre Latona. Da notare come la figura di Latona sia imponente e forte.
Ferretti, qui al suo primo importante incarico, inizia nel 1714 a lavorare al soffitto creando un’immagine ricca di figure e simbologie. L’iconografia mostra una figura faunesca che rappresenta l’uomo/animale che guarda verso l’anziano, cioè la saggezza, il buon consiglio. Il messaggio è che l’uomo deve evolversi verso la saggezza attraverso le virtù impersonificate dalle figure femminili che circondano il gruppo. In basso a destra un amorino sta distruggendo le armi sottolineando che la guerra è da escludere. Sulle parete Ferretti riporta due miti molto noti: da una parte Bacco e Arianna, dall’altro Diana che punisce Atteone. Nel primo Arianna, abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso dopo essere fuggiti dal labirinto, incontra Bacco e nasce per lei la speranza di un nuovo amore. Dalla parte opposta è rappresentata la punizione, esagerata, che la dea infligge ad Atteone per averla vista nuda. Il cacciatore viene trasformato in cervo e verrà sbranato dai suoi stessi cani.

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6. La Galleria Nova

La Galleria Nova è l’ultimo intervento voluto dagli Attavanti, qui ricavano questo ambiente che era un collegamento tra la parte pubblica della villa, ovvero il salone di rappresentanza, e la parte privata, infatti dalla porta sul fondo si accede alle camere private degli Attavanti.

L’intero ambiente è affrescato nel 1743 da tre artisti, di cui non ci sono pervenuti i nomi, che dipingono una finta architettura ad incorniciare scorci su paesaggi ideali. Da notare la presenza di rovine classiche, nei primi anni del ‘700 erano iniziati gli scavi di Ercolano e poco dopo quelli di Pompei, questo soggetto divenne quindi molto popolare e influenzò enormemente la cultura dell’epoca dando impulso al movimento culturale del Neoclassicismo. Anche l’intero soffitto era decorato a verzura ma un terremoto degli inizi del ‘900 lo ha fatto crollare e non è stato possibile ricostruirlo.

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7. La collezione permanente di Agenore e Alfredo Fabbri

Il ballatoio dà accesso alla scala della servitù, molto più stretta e spoglia dello scalone monumentale, e alle sale che ospitano la collezione permanente di alcune opere di Agenore e Alfredo Fabbri, inaugurate nel 2012. 

Entrambi gli artisti hanno avuto un forte legame con Quarrata, in particolare con la frazione del Barba dove Agenore è nato e Alfredo ha vissuto a lungo. I due fratelli si differenziano per le scelte stilistiche, le sculture di Agenore sono forme essenziali simboliche che gli permettono di esprimere i valori civili e legare le sue opere al periodo storico, mentre le opere di Alfredo sono fondate sui temi più universali della natura e del paesaggio rappresentati con un marcato realismo e colori brillanti.

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8. Le opere di Giuseppe Gavazzi nella tinaia

La tinaia, completamente restaurata, ospita oggi le opere di Giuseppe Gavazzi che trovano qui un ambiente ideale ad accogliere le teste in terracotta, i disegni preparatori e le grandi sculture in stucco forte. 

Parallelamente alla sua attività artistica Giuseppe Gavazzi porta avanti una brillante carriera come restauratore di affreschi, lavorando sulle opere di Giotto, Duccio e molti altri grandi maestri del passato. Gavazzi, durante tutta la sua ricerca artistica, riesce a rappresentare un’umanità giovane e meravigliata dalla vita, da notare le espressioni quasi stupite di tutti i volti. La sintesi delle forme trova nel lavoro dell’artista un equilibrio perfetto con il realismo delle figure. I colori, spesso ottenuti dall’artista seguendo antichi ricettari, sono parte integrante delle forme plastiche creando con esse un legame intimo e insostituibile.

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